biografía        bibliografía        ensayos        discografía





GIACINTO SCELSI



L’8 gennaio del 1905, esattamente alle ore 11, nasceva Giacinto Francesco Maria Scelsi, nel piccolo villaggio di Pitelli, territorio del comune di Arcola. Questa località fa parte della provincia di La Spezia. Il padre Guido, all’epoca Tenente di Vascello, proveniva da una famiglia di origine siciliana che aveva avuto un ruolo di spicco nelle vicende dell’Unità d’Italia; la famiglia della madre, Donna Giovanna d’Ayala Valva, era originaria di Taranto, ma risiedeva abitualmente nel castello di Valva in Irpinia.

Anche il piccolo Giacinto, con la sorellina Isabella, trascorse gran parte dell’infanzia in questo vetusto castello, dove ricevette le prime basi di un’istruzione alquanto singolare: un precettore gli dava lezioni di latino, di scacchi e di scherma. Per quanto riguarda l’educazione musicale, anche in tarda età amava ricordare le molte ore passate a 'improvvisare' su di un vecchio pianoforte.Non risulta abbia frequentato scuole superiori e studi musicali regolari di sorta. In seguito la famiglia si stabilì a Roma e le peculiarità musicali di Scelsi furono assecondate dalle lezioni impartite privatamente dal M° Giacinto Sallustio.

Negli anni ‘20, assieme all’ambiente aristocratico e mondano, incominciò a frequentare anche il mondo artistico, musicale e letterario dell’epoca; risale, infatti, a questo periodo l’inizio dell’amicizia con Jean Cocteau, Norman Douglas, Mimì Franchetti, Virginia Wolf, che dovevano iniziarlo ai movimenti culturali internazionali dell’epoca.
Sono di questo periodo numerosi soggiorni all’estero, specialmente in Francia ed in Svizzera; fondamentale fu il viaggio compiuto nel 1927 in Egitto, dove la sorella risiedeva con il marito: può considerarsi questo il suo primo contatto con musiche di concezione non europea.
Alcuni scritti impermeati di surrealismo nascono in quegli anni.
La sua prima composizione, Chemin du coeur, è del 1929, e già dal 1930 inizia a lavorare a quella che diventerà Rotativa, l’opera che lo rivelerà al mondo musicale internazionale. Eseguita, infatti, il 20 dicembre 1931 in prima assoluta alla Salle Pleyel di Parigi, sotto la direzione di Pierre Monteux, non passò per nulla inosservata. Nonostante l’insoddisfazione del giovane compositore, molto rigoroso nei riguardi della propria opera, l’esecuzione di Rotativa attirò su di lui l’attenzione della critica e del mondo musicale.

Negli anni ‘30, si alternano per Scelsi periodi di vita mondana, frequenti viaggi all’estero, problemi di salute e una interessante attività creativa.
Interpreti della sua musica saranno personalità di spicco del mondo musicale italiano, fra gli altri, Willy Ferrero, Carlo Maria Giulini, Ornella Puliti Santoliquido, ecc.
Nel 1937 il compositore organizzò a sue spese quattro concerti di musica contemporanea presso la Sala Capizucchi: farà eseguire opere di giovani compositori italiani e moltissimi stranieri, fra i quali Kodaly, Meyerowitz, Hindemith, Schoenberg, Stravinskij, Schostakovitch, Prokofief, Nielsen, Janàcek, Ibert, ecc., allora quasi tutti totalmente sconosciuti in Italia. Nell’organizzazione di tali concerti si avvarrà anche della collaborazione di Goffredo Petrassi, con cui inizia una lunga amicizia. Questi concerti ebbero però vita breve anche per l’entrata in vigore delle leggi razziali, che ostacolavano l’esecuzione di composizioni di autori ebrei, cosa che Scelsi non accettò e lo costrinse da allora a un graduale allontanamento dall’Italia.
A questo periodo si possono far risalire i suoi interessi per altri linguaggi e tecniche compositive, per esempio la dodecafonia, della quale ebbe i primi rudimenti da un allievo di Schoenberg, il viennese Walter Klein. Contemporaneamente si interessa delle teorie di Scrjabin, di cui ebbe fonte di informazione diretta dal dott. Egon Köler, che lo ebbe in cura per un certo periodo e che con tutta probabilità lo iniziò alla cromoterapia. Non secondario è stato il suo interesse per le teorie musicali staineriane e per il curioso mondo ruotante attorno a Monte Verità.
All’entrata dell’Italia in guerra, nel 1940, si trovava in Svizzera, dove rimase per tutto il periodo del conflitto e dove si sposò con Dorothy-Kate Ramsden, cittadina inglese. Nonostante gli anni difficili, continuò una intensa attività culturale, sia poetica sia compositiva, e il compositore incominciò un lavoro di tipo teorico fondamentale per gli sviluppi futuri della propria musica.
In questi anni, non si negò, per quanto era nelle sue possibilità, ad aiutare membri perseguitati della comunità intellettuale internazionale, trovando loro rifugio in luoghi sicuri.
Durante questo forzato soggiorno in Svizzera vi furono esecuzioni di sue composizioni, come il Trio per archi, eseguito nel 1942 dal Trio di Losanna, diretto da Edmond Appia, e varie altre opere per pianoforte eseguite da Nikita Magaloff. Alla fine del secondo conflitto mondiale ritornò in Italia; si stabilì a Roma dove vivevano anche la madre adorata, il padre e la sorella Isabella.
Dalla Svizzera Scelsi arrivava con una profonda crisi di tipo psichico che tuttavia non gli impedì di portare a compimento alcune opere già iniziate: il Quartetto per archi, eseguito dal Quatuor de Paris a Parigi nel 1949 e, la Nascita del Verbo, eseguita per la prima volta a Parigi sempre nello stesso anno, sotto la direzione di Roger Désormières.
Vive anni molto travagliati, coincidenti con una irreversibile crisi di tipo creativo-musicale, che lo portarono a limiti molto pericolosi; trovò una via di scampo nella poesia, nelle arti visive e nei suoi interessi per il misticismo orientale e l’esoterismo. Presso lo straordinario editore Guy Levis Mano di Parigi uscirono i tre libretti Le poids net, L’archipel nocturne e La conscience aïgue, che per tanti anni rimasero le sole opere edite. Durante la permanenza in una clinica svizzera per malattie nervose, dove si ricoverò per un periodo, Scelsi diede una serie di conferenze sulla creatività, di un’apertura e di una lungimiranza, da potersi considerare documenti premonitori dei suoi successivi e futuri sviluppi creativi. I suoi interessi per le arti visive, in particolar modo per l’arte informale, troveranno degna cornice in quello che sarà l’attività della Rome-New York Art Foundation, diretta dalla sua compagna di vita di quegli anni, l’americana Frances Mc Cann.
La profonda amicizia che lo legò a Henri Michaux, ebbe probabilmente anche funzione di stimolo nella ricerca di quell’arte che considerò sempre di vitale importanza: la musica. Questo coinciderà con la sua ormai accettazione attiva delle filosofie orientali, le dottrine Zen, lo Yoga e la problematica dell’Inconscio. Anche nel campo musicale incominciano anni di ricerca e sperimentazione. La strumentazione di figure determinate dal caso, l’improvvisazione su strumenti tradizionali usati in maniera non ortodossa, l’uso di nuovi strumenti come l’ondiola, capace di riprodurre i quarti e gli ottavi di tono, ma soprattutto la maniera di improvvisare in uno stato privo di condizionamenti molto vicino al vuoto zen, ci hanno rivelato le sue opere più possenti.
Il suo modo del tutto originale di procedere nella composizione dette adito a feroci critiche ed ostracismi, che non si acquietarono neppure alla sua scomparsa, momento in cui, al contrario, si manifestarono con nuovo vigore e livore. Impossibilitato psichicamente e fisicamente al lavoro minuzioso di trascrizione delle proprie improvvisazioni, regolarmente registrate su nastro magnetico, doveva avvalersi di traslatori che come prima peculiarità dovevano avere un orecchio assoluto, e che naturalmente operavano sotto la sua guida. (Scelsi applicò lo stesso procedimento anche nella creazione poetica: nacque così il visionario poema Il sogno 101. Il Ritorno).
Il lavoro non si esauriva con la traslazione delle musiche registrate; si aggiungevano, infatti, minuziose istruzioni per l’esecuzione, accorgimenti per donare al suono valori corrispondenti alla sua volontà, costruzione di sordine per gli archi fatte realizzare apposta su suo disegno, strumenti a corde trattati come percussioni, filtri sonori per deformare il suono negli strumenti a fiato, l’uso della voce quale elemento di rottura della struttura sonora, basi di registrazione preesistenti quale traccia all’esecuzione. Originalissimo era peraltro il suo metodo di orchestrazione, che consisteva nell’accoppiare strumenti simili sfasati fra loro di un quarto di tono (fatto che dà all’esecuzione una vibrazione misteriosa, e imprevedibili effetti di battimenti).

Altro aspetto non secondario del suo lavoro fu di finitura, portato avanti in collaborazione con gli interpreti. Le sue opere, infatti, date le difficoltà di esecuzione, trovarono il loro primo ostacolo proprio nell’interpretazione.
Solo rari esecutori di altissima qualità si accinsero a studiare la sua musica e alcuni passarono dei lunghi periodi ospiti nella sua casa per tale scopo. Ecco solo alcuni nomi degli interpreti che hanno avuto la possibilità di fare questa straordinaria esperienza: Michiko Hirajama, Frances Marie Uitti, Enzo Porta, Joëlle Léandre, Geneviève Renon, Carol Robinson, Marianne Schroeder, Stefano Scodanibbio, ecc.
Proprio quando Scelsi aveva finalmente trovato un mondo di suoni per sé congeniale, incominciò quel processo di occultamento della propria produzione anteriore, da lui considerata ormai di tipo accademico. La rivelazione di questa nuova fase fu l’esecuzione dei Quattro pezzi su una nota, eseguiti al Theatre National Populaire di Parigi nel dicembre 1961, sotto la direzione di Maurice Le Roux.

Certamente tutti questi elementi dovevano disturbare il mondo accademico che si dimostrò sempre più ostile nei suoi confronti, accentuato dal sempre maggior successo all’estero delle sue opere.
A dire il vero, anche in Italia, non mancarono i suoi sostenitori, primo fra tutti il compositore Franco Evangelisi: a lui si devono, infatti, le rare esecuzioni di opere scelsiane, realizzate nell’ambito dei festival di Nuova Consonanza.
Scelsi passò gli ultimi anni in vita raccolta nella sua abitazione di Roma, in Via San Teodoro 8, divenuta ormai mèta di amici e ammiratori.
A questo periodo risalgono le pubblicazioni della sua opera di tipo teorico e letterario, affidate alla Casa Editrice “Le parole gelate”; inizia anche la pubblicazione sistematica della sua imponente produzione musicale, ad opera della “Editions Salabert” di Parigi.
Negli ultimi anni Scelsi viaggiò solo in occasione di concerti a lui dedicati, avendo così l’opportunità di ascoltare almeno una volta dal vivo quelle musiche che aveva portato per tanti anni dentro di sé.
L’ultimo concerto di sue composizioni, da lui presenziato, fu il 1 aprile del 1988 a La Spezia, la sua città natale, dove non era mai ritornato dagli anni della sua infanzia.
Cessò ogni comunicazione con il mondo esterno il giorno 8.8.88 e si spense nella mattina del giorno dopo.

(redazione a cura di Irmela Heimbächer Evangelisti)








The unforgettably powerful impact of Giacinto Scelsi's Ka Suite broadcast in 1981 prompted my exploration of the piano music of this elusive and little known Italian composer, whose 80th birthday last year passed unremarked.
His is a strange story. He travelled widely in Europe and the East, got married in London and was received at Buckingham Palace. Eventually he settled in Rome. where he has lived for more than thirty years. He has published poetry in France but has never engaged in promotion of his very numerous musical compositions, which have remained mostly unpublished until recently. Very little has been written about Scelsi until now and this may be a first article for a British journal.



He was one of the first outside the Viennese circle to explore serialism, which he soon discarded. Later he was influenced by Oriental thought and music and became preoccupied with monody and with exploring micro­intervals between the notes of the chromatic scale. He has composed prolifically for large and smaller scale combinations of voices and orchestra, as well as for unaccompanied solo singers and instrumentalists. There have been occasional performances and broadcasts and a few gramophone records, but no records of the piano music.
Scelsi ceased writing for the piano in 1955 because of the limitations of the tempered chromatic scale. However, a new catalogue from United Music Publishers includes some twenty substantial piano compositions from 1930 onwards. All this music is strikingly original, and ahead of its time. Scelsl has a unique voice, which remains recognisable from the earlier piano music right through until his later works after he had abandoned the keyboard.
Eight Suites are now available, as are three Sonatas and several other sets of pieces, Suite No.2 (1930) The Twelve Minor Prophets lasts over three quarters of an hour and is expansive and richly expressive, sometimes reminiscent of early Bartok or of Skalkottas. Its gestures are those of a confident young composer claiming attention. Suite No. 5 (1935) Il Circa includes some attractively witty pieces which become outrageous harmonically and revel in building up the tension towards vigorous scrunching final cadences, I have found them marvellous studies for developing keyboard facility, Suite 8 (1952) Bot Ba evokes solemn Tibetan rituals, prayers and dances. Suite 10 (1954) Ka is a fine example of Scelsi's later piano style. with procedures which anticipate recent music by composers such as Ligeti and Berio.



The astonishing tryptich Hispania (1939) is a bizarre distillation of Spanish flamenco rhythms and gestures, transformed and assimilated into Scelsi's own idiom. The 4th Sonata (1941) has a dark. somewhat Brahmsian. 1st movement which gathers extreme harmonic and emotional tension. eventually dissipated with a cadence in the lowest depths. Four Vishnu Illustrations (1953) can be recommended to teachers as an approachable smaller set of characteristic pieces, very suitable for introducing Scelsi to adventurous piano pupils.



Scelsi brought new possibilities of expression to the piano. His music is at once clean and spare. austere and logical, yet at the same time expressive and fanciful He often starts a piece with apparently drastic self-imposed limitations, but his ideas are developed without ever relying on mechanical repetitions. There is always something unpredictable about the sequence of events, but familiarity brings a feeling of rightness and inevitability. Scelsi's keyboard layout is innovatory and indissolubly linked to his personal harmonic language. 2nds, 7ths and 9ths are used as indispensable building blocks in his musical syntax. For Scelsi, a minor 2nd chord appears to function as a single sound, rather than as two close neighbours competing for dominance. Diatonic harmony is eschewed from his earliest years, but his favourite chords are valued for their ambiguity, rather than being perceived as discordant clashes. This ambiguity is enhanced by his liking for both extreme ends of the keyboard, with complex harmonies enriched and blurred by pedalling. With hindsight, one can sense that he has been consciously straining towards the gaps between the notes. His slower music produces strange and evocative resonances. linking with his esoteric titles and the synthesis of Western and Eastern religious philosophies in his spiritual world.



For the pianist, Scelsi offers particular challenges and rewards. Numerous adjacent semitones and frequent double accidentals make his chords hard to read. At first glance they seem to need huge hands with extra fingers, but always prove to lie comfortably under the hand. Unusual hand shapes are often called for, with crossing over and spreading the thumb across two notes. Although never easy, Scelsi's piano music is always pianistic and grateful to play. Internal evidence suggests that the piano was his own instrument and he has confirmed that he worked out his scores at the keyboard. (In later years he has worked at a piano fitted with extension keyboards tuned in quarter-tones.)



Difficulties arise from the virtual absence of those repetitive patterns which can facilitate memorising, and also by his frequent demand for very fast tempi. Many of his pieces are exhilarating and would repay virtuoso performance. Difficult too is Scelsi's rhythmic style. His slow music is contemplative, with a feeling of freely floating improvisation and with performance instructions encouraging rubato and flexibility. Yet, paradoxically, the notation is meticulously detailed with extremely complex subdivisions of beats and notes placed so as to defy even fleeting and transient metrical expectations. To master such passages, one has to count furiously, yet the intended effect is often of a timeless contemplation.
There is a fascinating paradox inherent in such music. The harmonic subtleties of the fast music can only be grasped through patient study of the chords and careful listening at a very reduced tempo. The casual listener to a performance up to tempo may receive only a general effect and miss its cunning organisation. On the other hand, the slower pieces, which are deliberately freed from any familiar metrical framework, need to be heard away from the distractions of the notated score, which can only interfere with the spirit of the music. (Suite No.9 Ttai carries a Scelsi health warning: "This suite should be listened to and played with the greatest interior calm. Restless people should keep away".)



It therefore becomes important to study the scores oneself and also to have an opportunity to hear the musIc expertly played by professional pianists. The purpose of this article is to draw attention to this important collection of piano music and to encourage both these activities. I had not been able to hear another note of Scelsi's piano music performed professionally since that broadcast In 1981, until he was featured in the Almeida Festival of Contemporary Music in 1986.
The composer himself attended three of the concerts, his first visit to England for forty years, and Yvar Mikhashoff gave impressive performances of his 4th Piano Sonata and the Hispania tryptich which were enthusiastically received. However. most of Giacinto Scelsi's numerous compositions for pianoforte still await discovery and should not remain ignored during the ninth decade of this unique 20th Century master who deserves fuller recognition and appreciation in his remaining years.





After 1948, Scelsi abandoned composing for a few years only to emerge with his new style in 1952. The beginning of this period is again concerned almost exclusively with the piano, the following pieces being written at that time: Suite No. 8 (1952), Four Illustrations (1953), Five Incantations (1953), Suite No. 9 (1953), Suite No. 10 (1954), Action Music (1955), and Suite No. 11 (1956). - - The Suite No. 8 "Bot-Ba (Tibet)" is subtitled: "Evocation of Tibet with its monasteries on high mountain summits - Tibetan rituals - Prayers and Dances". Though it is described as less(!) violent than the Suite No. 6, the Suite No. 8 makes much use of toccata-style movements largely based on clusters. These alternate with slower meditative sections based on slow chord ostinatos, with still a hint of Schoenberg in the connecting sections. This Suite is immediately attractive for any barbarians who might like cluster toccatas and percussive devices, as it is still largely concerned with aggressive motion, despite the title. However, it is still successful at evoking Tibet -- or at least the recorded Tibetan music I have heard, which is more than a little dissonant. The suite is in six movements with the "center" in the third based on the golden section. This is followed by an extremely dissonant movement, then the slowest movement of the suite, and then the complex Bartokian finale. Bartschi's playing is admirable, particularly in the extremely virtuosic finale.
The Four Illustrations and Five Incantations are recorded by Suzanne Fournier on Accord 200742. These works are much shorter than the Suites 8 & 9, and the Four Illustrations in particular is more concentrated in form. This piece is in four movements describing four avatars of Vishnu, and might be said to correspond roughly to a sonata -- in particular the Four Illustrations occupy the same position in Scelsi's middle output with respect to the piano sonata as does the massive orchestral work Aion with respect to the symphony. Both conclude with slow, fading resolutions. The Four Illustrations is charged with a variety of ideas, and is a piece I continue to find fascinating after more than a hundred hearings -- I have little doubt that it is Scelsi's finest piano piece. For the most part it is a slow work based on murky passage-work in the middle registers and subtle interactions between the movements; the violent Varaha Avatar (as scherzo) is the exception. The Four Illustrations begins Scelsi's concentration on slow and static music. The Five Incantations are much simpler in conception -- though quite virtuosic pianistically, each is basically independent with a clearly identifiable theme. They might be described as rhapsodies, or possibly etudes.

Peter Grahame Woolf