biografía        obra




JIŘÍ KOLÁŘ



1914
Nasce il 24 settembre a Protivín, Cecoslovacchia. Suo padre è panettiere, sua madre lavandaia.

1922
La sua famiglia si trasferisce a Kladno, non lontano da Praga.

1929/1942
Termina la scuola primaria superiore, vuole diventare stampatore ma impara il mestiere di falegname, è disoccupato per molti anni ed esercita diversi lavori prima di diventare scrittore.

1934
Si interessa alla letteratura moderna ceca e mondiale. Comincia a scrivere dei poemi e realizza i suoi primi collages sotto l’influenza del poetismo e del futurismo.

1936
Muore sua madre.

1937
Prima esposizione personale di collages al Mozarteum di Praga.

1941
Durante l’occupazione tedesca pubblica una prima raccolta di poemi, Estratto di nascita.

1942
Fonda il “Gruppo 42” insieme allo storico dell'arte Jindřich Chalupecký, allo scultore Ladislav Zívr, al pittore František Hudeček, ai poeti Ivan Blatný, Jiřina Hauková, Josef Kainar e ad altri artisti. Si interessa alla musica contemporanea e ispirato dalle variazioni di Richard Weiner scrive le poesie Odi e variazioni, che usciranno nel 1946.

1944
Scrive il suo primo libro di metamorfosi poetiche, Limbi e altri poemi, pubblicato nel 1945.

1945
Si trasferisce a Praga. Diventa lettore in una casa editrice. Pubblica la raccolta Sette cantate che riflette la profonda emozione causata dalla fine della guerra.

1946/1947
Si reca a Parigi attraverso la Germania devastata. Così come molti altri alla fine della guerra, Kolář si iscrive al Partito comunista cecoslovacco, ma diversamente dai più ne esce nel giro di qualche mese.

1948
Visita l’Inghilterra e la Scozia. Tiene un diario in versi Giorni dell’anno e uno in prosa Anni di giorni: quest’ultimo viene sequestrato e censurato dal nuovo regime comunista cecoslovacco.

1949
Si sposa con Bela. Realizza le prime interpretazioni plastiche di testi poetici e scrive Testimone oculare.

1950/1952
Licenziato dal suo impiego. Ritorna ai collages (confrontages, antianatomies, rapportages, chiasmages, histoires). Scrive Il fegato di Prometeo, assemblando poesia, prosa e immagini.

1953
Arrestato per i suoi scritti giudicati sovversivi; trascorre nove mesi in carcere in attesa di giudizio, viene condannato ad un anno di prigione, poi amnistiato, ma il divieto di pubblicare rimarrà in vigore fino al 1964.

1954
Comincia la raccolta L’Esope de Vřsovice.

1955
Muore suo padre. Realizza schizzi drammatici.

1956/1957
Scrive l’Arte poetica di Maître Sun e Le Nouvel Epictète.

1958
Scrive due testi teatrali: Il nostro pane quotidiano e Peste d’Atene.

1959/1961
Poemi del silenzio: rompe definitivamente con la poesia verbale e inizia le prime versioni di una poesia visiva.

1960/1963
Realizza: balengogrammi, analfabetogrammi, rebus, partizioni, persiflages, froissages, poemi perforati, a colori, a nodi e con lame di rasoio; ventilages, disformations, stratificazioni, rollages. Copre col collage anche oggetti di legno che lo riportano alla giovanile esperienza di falegname. Allestisce un’esposizione dal titolo Dèpathètisations, espressione di una poesia definitivamente liberata dall’influenza delle parole.

1963/1964
Ciclo dei poemi e collages in profondità, chiasmages a rilievo, collages tattili e speculari. Realizza drapeaux, banderoles, collages à glissières, collages narratifs.

1965/1966
Realizza: campionari, rollages circolari, anticollages e i primi grandi formati.

1967
Hebdomadaire 67: primo giornale sotto forma di collage che narra gli avvenimenti della Primavera di Praga e della successiva invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del Patto di Varsavia.

1968
Partecipa a “Documenta 4” a Kassel. Hebdomadaire 68.

1969
Paesaggi del silenzio. Va in Brasile dove riceve il premio della X° Biennale di San Paolo.

1970
Viaggia in Canada, negli Stati Uniti e in Giappone. Il 2 novembre è colpito da emorragia cerebrale.

1971/1974
Riceve il premio Herder, assegnatogli dall’Università di Vienna. Realizza: collage caotici e appellativi, rollage cinetici e il ciclo Omaggio a Baudelaire. Risposte, intervista sull’arte moderna realizzata con Jiřì Padrta. In Cecoslovacchia sarà proibito pubblicare e esporre opere di Kolàř fino al 1989.

1975
Va negli Stati Uniti per la prima esposizione al Museo Guggenheim di New York.

1976/1978
Realizza: trasformazioni, dèpliants, metaformati e il ciclo di collages Omaggio a Kafka.

1977
E’ tra i firmatari, con Vàclav Havel, Jan Patocka e altri artisti e intellettuali, di “Charta 77”, il documento con cui si chiede alle autorità il rispetto dei diritti umani e delle libertà civili in Cecoslovacchia: in seguito a ciò, viene messo al bando dal mondo artistico ufficiale del suo paese.

1979
Rimane un anno a Berlino avendo ottenuto una borsa di studio della Deutscher Akademischer Austauschdienst.

1980/1981
Si stabilisce a Parigi grazie a una borsa di studio del Centre Pompidou che gli aggiudica un atelier. Lavora al ciclo Omaggio a Mademoiselle Rivière e a quello dei Cinque sensi. E’ nella capitale francese che fonda la Revue K (Rivista K), dedicata agli artisti di origine ceca in esilio in Francia. Seguendo un presentimento, la moglie Bela torna a Praga per mettere al sicuro l’opera del marito ma, una volta lì, le autorità cecoslovacche le impediscono di uscire dal paese per ricongiungersi a lui. Bela resta per tre anni a Praga contro la sua volontà; durante questo periodo di separazione forzata Kolàř invia tutti i giorni alla sua sposa una cartolina postale da lui realizzata.

1982
Le autorità cecoslovacche respingono la sua domanda di prolungare il soggiorno in Francia e, non essendo rientrato per tempo in patria, viene condannato ad un anno di prigione ed alla confisca dei suoi beni. Scrive il diario 101 giorni dell’anno.

1983
Termina il Dizionario dei metodi, in cui recensisce le diverse tecniche del collage usate nella realizzazione delle sue opere, alcune delle quali di sua invenzione.

1984
Ottiene la nazionalità francese. Realizza un ciclo di collages perforati.

1985/1988
Pubblica numerosi testi di poesia e di teatro; la raccolta delle sue tecniche di collage è tradotta in tre lingue: inglese, ceco, italiano. Realizza collage dipinti, difettosi e cicli di autocollage. Al teatro Brett di Vienna viene rappresentata la sua opera teatrale Il nostro pane quotidiano.

1989/1990
Realizza il ciclo di collages in rilievo Le favole che espone alla XLIV Biennale di Venezia del 1990 e l’ Omaggio a Van Gogh, che presenta al Museo Bommel van Dam di Venlo in Olanda per il centenario della morte di Vincent Van Gogh. Lavora sui metodi: milèsiaques, siamiques, reprogrammes. Torna in viaggio a Praga dopo oltre 10 anni, dopo la Rivoluzione di velluto che mette fine al regime comunista cecoslovacco. Con Václav Havel e il pittore Theodor Pištěk crea il Premio Jindřich Chalupecký, volto a ricompensare un giovane artista sotto i 35 anni, divenuto una sorta di Premio Goncourt delle arti plastiche in versione ceca, sempre molto seguito e talvolta molto contestato.

1991
Lavora al ciclo Apollinaria. Il suo paese lo onora con il più prestigioso premio letterario, Premio Seifert, per il suo libro Il fegato di Prometeo e lo nomina cittadino onorario della città di Praga, per la sua difesa dei valori democratici e dei diritti umani.

1992
A Praga comincia la pubblicazione della sua Opera completa. In Francia si pubblica il Dizionario dei metodi e l’Asino alato.

1994
Realizza il ciclo Siamiaca e Omaggio a Mondrian.

1999
Torna definitivamente a Praga con la moglie Bela. Riceve il premio Hans Theo Richter.

2000
Con atto notarile dichiara la Galleria Melesi di Lecco unico soggetto autorizzato a fondare e gestire l’archivio relativo alle sue opere, nonché a pubblicare il catalogo ragionato di tali opere e ad autenticarle sussistendone i presupposti. Nasce così l’Archivio Jiří Kolář.

2002
Muore a Praga l’11 agosto.

Galleria Melesi




Jiri Kolar
A model of integrity for his fellow Czechs, he chronicled his country's moral disintegration



The Czech poet, collage-artist and translator Jiri Kolar, who has died aged 87, was not only a fine, serious writer whose depth of thought and observation spilled over into the visual. He was also the model of artistic probity for his country's intellectuals, throughout a life that included imprisonment and exile.

Disintegration was the theme of Kolar's chief works of poetry from the mid-1940s to the mid-1960s, when he ceased writing verse (other than "evident poetry", which went beyond the then fashionable concrete poetry, whose visual form contributed to its meaning, and into pure graphic art). Much of the poetry of his most creative period was not published in his home country until the 1990s. Cerna lyra (Black Lyre), written in 1948 and published in 1997, portrays a Prague of broken or breaking marriages, broken oaths - and broken honesty altogether.

On the other hand, this collection also contains some almost straightforward lyrical evocations of beauty, with strong liturgical elements. Kolar was a believer, though it was his robust political outlook that brought him trouble from the communist authorities.

His verse, often consisting of monologues spoken by unhappy women - as well as unhappy men or sheer brutes - manifests a profoundly analytical approach to language. It is poetry normally in the spoken language, often more or less prose, where the imagery is based on the vulgar tongue. Conventional lyrical metaphors barely exist, and the resultant stark language serves to warn the reader that words, as our fellow human beings use them, rarely mean what the dictionary says they do.

Politicians are already bastardising language in Cerna lyra, and Ocity svedek (Eye-witness), a verse and prose diary from 1949, first published in Munich in 1983, witnesses the infiltration of Stalinism into all aspects of life: "Through the breaking of a cultural tradition ... culture itself is sinking into unimaginable backwardness"; in its new lack of universality, it is "crumbling into one great abyss of falsehood and mendacity, into the most desolate barbarism".

Kolar's finest collection is probably Prometheova jatra (Prometheus' Liver), written in 1950 and first published in Toronto in 1985. In 1953, police searching the flat of a prominent university professor found a typescript of this collection, whereupon Kolar was arrested. He was held in custody for nine months before being given a nine-month sentence, which meant he was immediately released.

The most powerful texts of the Prometheova jatra collection are those in which Kolar pares down meanings, and destabilises reality, by reordering sentences and phrases, giving them to different speakers in a series of variant prose or verse poems. He portrays a world where brutality rules.

His poetry had an immediate impact on the literary underground of the late 1940s and 50s, and saw numerous samizdat editions in the 1970s and 80s. But though his greatest impact on Czech culture came from his verse and documentary prose poems, he is known abroad for his collages, crumplages and button-up collages, which open up to reveal a second layer.

Kolar never learned to draw or paint, and always claimed that his training as a carpenter enabled him to cut the straight lines he needed for his collages, or "picture-poems", as in his 1969 montage Birds For Hans Sachs. His first exhibition abroad was in London in 1963, and a retrospective was mounted at the Guggenheim in New York in 1975; he also held exhibitions in Canada, south America and Japan, quite apart from Prague. His collages manifest both ironic wit (for example, his one-eyed self portrait of 1980), but also his horror at cultural and political disintegration - the best-known examples being his scenes of a distorted Prague.

Born in the small town of Protivin, in Bohemia, within the Austro-Hungarian empire, Kolar was the son of a baker and a seamstress. After council school in the heavily industrial city of Kladno, and an apprenticeship as a carpenter, he lived on the dole before taking occasional jobs as a bricklayer's mate, a sewage worker and a waiter. His first collages were exhibited in a theatre corridor in Prague in 1938, and he published his first collection of verse, Krestny list (Birth Certificate), in the same city in 1941, during the German occupation.

During the war, he was the leading poet of Group 42, an association of avant-garde painters, theorists and littérateurs. He used to travel to their meetings from Kladno, where, immediately after the war, he was a Komsomol activist, but, towards the end of 1945, he moved to the capital.

There, he became an editor at the adventurous publishing house Druzstvo Dilo, which closed down soon after the communist take- over of Czechoslovakia in 1948. In 1949, he married; his art-photographer wife Bela survives him.

From the 1950s onwards, Kolar organised poetry readings and acted as an adviser to two generations of intellectuals. After he signed Charter 77 in 1977, the Czech government was happy to see him take up a scholarship in West Berlin, where he stayed from 1978 to 1979. After 1980, he was forced to undergo nine years' exile in Paris, though he retained a studio and a flat there after his return to Prague following the velvet revolution of 1989.

Always a decent man, from February 1948 onwards he had held no truck with the communist authorities. Symbolic of his independence was his permanent table in the Slavie Café, where one of his regular companions was Vaclav Havel.

Jiri Kolar, writer and artist, born September 24 1914; died August 11 2002

Robert B Pynsent
The Guardian, Tuesday 10 September 2002 02.25 BST




Muere Jirí Kolár, artista y escritor checo que renovó el collage en la segunda mitad del siglo XX.


El artista y escritor checo Jirí Kolár, reconocido por su poesía y sus innovadores collages y cuyo trabajo le puso en conflicto con los ex gobernantes comunistas de su país, falleció el domingo en su casa de Praga a los 87 años, según informó ayer el diario local «Mlada fronta Dnes».


Nacido en la ciudad de Protivin (en el sur de Bohemia) en 1914, Jirí Kolár trabajó como carpintero y realizó una serie de trabajos manuales antes de embarcarse de lleno en su carrera artística, primero como traductor, y luego como poeta y artista plástico. Su obra poética y sus collages fueron la seña de identidad de su trabajo durante la segunda mitad del siglo XX.

Influenciado por el surrealismo y el poetismo (movimiento poético checo de vanguardia), expuso por primera vez en 1937 y su debut poético, «Partida de nacimiento», fue publicado en 1941; a partir de entonces su bibliografía incluye títulos como «El limbo y otros poemas» (1941-45), «Siete cantatas» (1945), «Odas y variaciones» (1946), «El Esopo del barrio de Vrosvice» (1954), «El Maestro Sun sobre arte poética» y «El nuevo Epícteto» (1956-57), «Poemas de silencio» (1959-61), «Instrucciones de uso» (1965-66); los diarios «Los años en los días», «Los días en los años» (1946-47) y «Testigo ocular» (1949); y las obras de teatro «El pan nuestro de cada día» y «La peste de Atenas» (1958-1961). En 1983 acaba su «Diccionario de los métodos», en el que da cuenta de sus maneras de hacer.

Los «Rollages», una variante de los collages surrealistas, son los más conocidos entre los trabajos de este artista y consistían en laminar por tiras importantes obras de arte, cuadros, estatuas, para volverlos a reconstruir de acuerdo con una nueva óptica. Entre sus ciclos de obra plástica cabe destacar «Homenaje a Baudelaire» (1971-1975) y «La Praga de Kafka» (1976).

La llegada de los comunistas al poder en Checoslovaquia, en 1948, marcó el inicio de la lucha de Kolár contra la censura que le impedía exponer y publicar con libertad. Fue encarcelado durante nueve meses en 1950 por uno de sus escritos, «El hígado de Prometeo», texto poco acorde con el imperante realismo socialista que fue considerado delictivo por las autoridades comunistas.

Le llegaría el reconocimiento internacional tras su participación en la Documenta de Kassel en 1968, fecha en la que naufragaba el experimento político de Dubcek que pretendía liberalizar el régimen comunista en busca de un «socialismo con rostro humano», experimento que fue desbaratado por Brezhnev, a la sazón máximo dirigente soviético, quien lanzó los tanques del Pacto de Varsovia a invadir Checoslovaquia, con lo que se abortó aquella «Primavera de Praga». Como consecuencia de ello la obra de Kolár fue destruida y prohibida en su país natal.

Años más tarde, sería uno de los firmantes del «Acta 77», una declaración que pedía a las autoridades comunistas respetar los acuerdos internacionales sobre derechos humanos, que tuvo el apoyo de muchas figuras sobresalientes de la época, como el dramaturgo y actual presidente checo Vaclav Havel, quien lo visitaría hace pocas semanas en su domicilio. En fin, Kolár «emigró» en 1980 a Francia, donde permaneció, al serle retirada su nacionalidad, hasta el final del comunismo, en 1989. recuperando su pasaporte checo en 1992.

El artista realizó numerosas exposiciones en Europa occidental y en Estados Unidos, incluyendo una en el Museo Guggenheim de Nueva York en 1981 y otra en el Museo Reina Sofía en 1996.

ABC




Jiří Kolář
(1914-2002)


Avant d’être mondialement connu comme créateur de collages, Jiří Kolář fut poète et dramaturge, l’un des plus importants et des plus personnels de sa génération. Menuisier de formation, il exerce toutes sortes de métiers et expose en 1937 des collages « poétistes » avant de publier son premier recueil de poésie en 1941 qui annonce déjà l’esthétique du Groupe 42 qu’il fonde l’année suivante avec le théoricien de l’art Jindřich Chalupecký et d’autres poètes et artistes. Dans cette conception qui identifie le « sens et l’intention de l’art » au « drame quotidien, terrifiant et glorieux de l’homme et de la réalité », il publie plusieurs textes, dont Jours de l’année [Dny v roce], journal poétique de 1947, dont le second volet en prose, Années des jours [Roky v dnech], sera saisi par la censure. En 1953, il est condamné à un an de prison. Entre 1959 et 1961, il travaille à ses Poèmes du silence [Básně ticha] qui consomment la rupture avec la poésie verbale (la « camisole de force des mots ») en faveur d’une poésie « concrète » et « évidente » qui prendra dès lors la forme du collage à base de textes et d’images imprimés. Signataire de la Chartre 77, interdit de publication et d’exposition par le régime de la normalisation, il émigre à Paris en 1980 où il fonde la Revue K consacrée aux artistes d’origine tchèque vivant en exil. La suite de son œuvre écrite sera un commentaire de l’œuvre plastique, avec l’interview Réponses [Odpovědi] (1984) et surtout le Dictionnaire des Méthodes [Slovník metod] (1986).

Bohemica




JIRÍ KOLÁR: LE TÉMOIN OCULAIRE


Le poète et collagiste Jirí Kolár n’a cessé de nous étonner par la liberté de son regard et celle de son art. Très tôt il comprit que « la liberté est un art »…


Mots en liberté

Le destin de Jirí Kolár est exemplaire à plus d’un titre. Né dans une famille ouvrière (son père était boulanger et sa mère couturière), c’est à l’adolescence qu’il découvre la poésie au hasard d’une traduction tchèque des Mots en liberté de Marinetti. Fasciné par les jeux du langage, le jeune homme s’intéresse bientôt au surréalisme et se passionne en autodidacte pour l’art du collage des mots et des images, un moyen pour lui d'échapper à la grisaille de la petite ville industrielle de Kladno où il vit face à un décor de cheminées d'usine. Il expose des montages pour la première fois à Prague en 1937, dans le hall d’un théâtre d’avant-garde. Son premier recueil de poèmes, Certificat de naissance, paraît en 1941 :


« Alouette, confonds pour une fois
un champ de seigle et un champ de cheminées
Peut-être quelqu'un viendra-t-il et fauchera
cette harpe noire
Je le crois
Il récolterait un grand poème »



L’année suivante, il participe à la fondation du « groupe 42 », qui réunit poètes, artistes et photographes. Les pages de son journal pour l'année 1946 (Jours de l'année, année des jours) nous révèlent l’acuité de son regard et de ses interrogations dans une Europe ravagée par la guerre.

La visite d'un camp d’extermination allemand modifie profondément sa perception du monde et de la fonction de l'art. « Ce fut pour moi un des plus grands chocs que j'aie jamais ressenti : de vastes pièces avec des baies vitrées, pleines de cheveux, de chaussures, de valises, de vêtements, de prothèses, de vaisselle, de lunettes, de jouets d'enfants, etc. Tout cela marqué par un destin effroyable, par quelque chose que l'art ne suffit pas à exprimer, à quoi il ne pourra jamais suffire. C'est ici que culmina mon scepticisme à l'égard de tout ce qui voulait et veut épater, exciter, provoquer à toutes sortes d'exhibitionnismes. » Ce constat le rapproche de Beckett, auquel il s'intéressera plus tard comme traducteur, et rejoint celui du Philosophe Theodor Adorno qui estime à peu près au même moment que « l'idée d'une culture ressuscitée après Auchwitz est un leurre et une absurdité » et que « les artistes authentiques du présent sont ceux dont l'œuvre fait écho à l'horreur extrême ». « Il ne reste à l'artiste qu'â être un témoin fortuit ou plutôt oculaire », conclut Joseph Hlavacek dans son étude Confession plastique d'un poète.


Poèmes du silence

La poésie est pour Jirí Kolár une autre façon de voir le monde et de le concevoir. Poésie et image sont pour lui un même territoire, qu’il va explorer passionnément, avec cette liberté dont il a compris très tôt qu’elle n’est jamais définitivement acquise. « La liberté est un art », écrit-il en 1946. Cet art n’est pas sans risques en Tchécoslovaquie après le Coup de Prague. En 1953, la publication de son livre Le Foie de Prométhée, composé d’extraits de son journal, lui vaut neuf mois de prison et une interdiction de publier jusqu’à 1964. La lecture de ce livre nous apprend pourquoi : face au joug bureaucratique qui s'impose par la répression ou les moyens plus insidieux du contrôle social, Jirí Kolár a fait un choix, celui de continuer à exprimer librement sa pensée et de résister au conformisme ambiant. Après ce choix essentiel pour sa survie intellectuelle et morale et cette expérience dont il dira plus tard qu’elle a été déterminante, il poursuit sa quête d’une « poésie évidente », une poésie qui s’émancipe des mots. Ses recherches s’intitulent Poèmes du silence ou Poèmes vides – et ne seront publiés que bien des années après. Elle l'amènent à explorer toujours davantage l’art du collage, qui permet de confronter les images et les mots sans rester prisonnier de leur sens immédiat ou de leur signification symbolique.

Jirí Kolár se lance dès la fin des années 50 dans l’exploration systématique de techniques nouvelles dont il cherche à tirer les meilleures possibilités. Ces recherches peuvent sembler très formelles au premier abord, mais on ne peut ignorer qu'elles émergent de cette toile de fond qu'est la double expérience tragique du 20ème siècle, celle du nazisme et du stalinisme, vécue par un témoin direct. Les valeurs traditionnelles de la culture en sortent meurtries, et l’utopie révolutionnaire elle-même est blessée par le carcan qui l’étouffe. L'artiste, qui adhérait initialement à l’idéal communiste, est muselé. Est-ce un hasard si c’est pendant cette période qu’il commence à concevoir des poèmes pour aveugles ? Ses œuvres sont une sorte de cri muet. Comment s'étonner dès lors si les jeux apparents qu'elles proposent débouchent sur un tableau cruel?

Ayant appris dans sa jeunesse le métier de menuisier (à défaut de celui d’imprimeur auquel il aspirait), il apporte à l’élaboration de ses collages et poèmes visibles un soin méticuleux et une rigueur toute géométrique. En ouvrier consciencieux, il explore systématiquement chacune de ses découvertes et décline chaque idée aussi loin qu’il le peut. Ceci enclenche un processus créatif extrêmement fécond qui alimentera chez lui une multitude de projets jusqu’à ces dernières années.


L'âne ailé

Dans son ouvrage majeur, le Dictionnaire des méthodes, (sous-titré L’Ane ailé), il décrit et commente ses découvertes, illustrées par des exemples visuels. La liste est longue de ses inventions, qu’il s’amuse à présenter par ordre alphabétique : Agit-prop, Alphabets et chiffres, Amputations, Analphabétogrammes, Antianatomie, Anticollages, Art accidentel, Art bidon, Art défectueux, Banderoles, Bandes dessinées, Billets de banque, Catalogues, Cheveux, Chiasmages, Choses, Collage hebdomadaire, Collages à accrocher, Collages à glissières et à agrafes, Confrontages, etc… C’est quelque chose, l’inventaire à la Kolar !… Il faudrait pouvoir détailler chacun de ses procédés. Le froissage, par exemple, est une technique qu'il utilise dès les années 50. Elle consiste à laisser traîner dans l'eau (sous la pluie, nous dit Kolar!) une gravure ancienne ou une photo de magazine, et à la froisser en laissant sa part au hasard : la déformation grotesque qui en résulte, sur un portrait ou un paysage urbain, apparaît vite comme un commentaire ironique du sujet d'origine. On trouve aussi de nombreux rollages dans l'œuvre de Kolar : ce sont des collages nés de la recomposition d'une reproduction coupée de façon régulière en fines lamelles horizontales ou verticales qui, selon Kolar, « lui ont permis de voir le monde en toujours au moins deux dimensions et de saisir la multiplicité du réel. » Un examen attentif de ses méthodes nous montre qu'il a su pousser l'art du collage beaucoup plus loin que ses prédécesseurs, y compris Max Ernst, dont il intègre et dépasse les procédés. Les réflexions qu’il nous livre en tant que théoricien de son art sont de précieuses indications sur les voies par lesquelles il a pu aller au delà des apports du cubisme, de dada et du surréalisme.

En tant que plasticien, Jiri Kolar a bénéficié de la reconnaissance du monde officiel de l’art dès la fin des années 60, quand ses collages ont commencé à être exposés à Prague et dans toute l’Europe, ainsi qu’à New York[3]. Mais il n’a jamais dissocié son travail de créateur de la défense de la liberté de penser, et des libertés tout court. A Prague, au grand café Slavia, le coin où se regroupent intellectuels et dissidents a d'ailleurs pris dès les années 50 le surnom de « table Kolar » ! Après le Printemps de Prague, malgré de graves ennuis de santé, il est de ceux qui s’opposent à la « normalisation » qui suit l’invasion du pays par les troupes soviétiques. Son nom est associé à celui de Vaclav Havel, en tête des signataires de la Charte 77. En 1980, face aux pressions du régime, il choisit la voie de l’exil et s’installe à Paris, où il adopte la nationalité française. Ses biens et une partie de ses œuvres sont confisqués. Ce n’est qu’après la révolution de velours, en 1989, qu’il pourra à nouveau séjourner dans son pays, avant de s’y réinstaller peu avant sa mort.


Papiers collés

Jiri Kolar était de ceux qui pensent et qui prouvent que chacun peut décider du cours que prendra sa propre vie, en dépit des multiples contraintes que sont l’origine sociale ou culturelle, les nécessités de l’existence, la pression sociale ou le régime politique. Son œuvre, qui est à la fois d’une grande rigueur et d’une extraordinaire liberté, illustre admirablement les possibilités qui sont offertes à chacun, par l’art et par la vie. Contraintes et liberté s’y affrontent, comme dans la société. A partir de papiers collés sur une surface plane ou sur un objet, elle nous montre que d’innombrables voies peuvent s’ouvrir dès lors qu’on cesse de subir le donné pour devenir créateur – d’une œuvre ou de sa propre destinée. Dans l’époque désenchantée où nous vivons, il n’est pas indifférent que cette belle leçon nous vienne du pays de Kafka et d’un « homme du commun » qui y vécut, avec toute une génération d’Européens de l’Est, de longues années d’étouffement de la pensée vivante et des libertés qu’elle réclame. Célébré dans son pays et reconnu dans le monde comme un des grands de l'art contemporain, Jiri Kolar était aussi un immense poète, au sens que dit Eluard : « celui qui inspire, bien plus que celui qui est inspiré ». Le « témoin oculaire » qu'il fut devint à sa manière une sorte de voyant.

La Novuelle Revue Moderne




Bibliografía



Kolář, La Carabaga club d’arte, Sampierdarena (GE), 1965

Jiří Kolář Collagen Rollagen Objekte, Institut für moderna Kunst, Norimberga, 1968

Jiří Kolář Eine Monografie von Miroslav Lamač und Dietrich Mahlow, Dumont, Colonia, 1969

Jiří Kolář, Miroslav Lamač, Praga, 1970

Jiří Kolář L’Arte come Forma della libertà, Galleria Schwarz, Milano, 1972

Jiří Kolář, Argon e Raoul-Jean Moulin, Editions Georges Fall, Parigi, 1973

Jiří Kolář, The Salomon R. Guggenheim Foundation, New York, 1975

Numero monografico su Jiří Kolář, Lotta Poetica 49 - 50, 1975

Jiří Kolář Collages, Einaudi Letteratura 48, 1976

Jiří Kolář, Galleria La Nuova Città, Brescia, 1977

Jiří Kolář, Galerie Schoeller, Düsseldorf, 1978

Jiří Kolář: Transformations, Albright-Knox Gallery, Buffalo, Ney York; Art Gallery of Ontario, Toronto, Canada; Georgia Museum of Art, The University of Georgia, Athens, Georgia, 1978

Jiří Kolář, Gazzetta del Popolo, 1978

Jiří Kolář Monografie mit einem Lexikon der Techniken, Verlag für moderne Kunst, Zirndorf, 1979

Jiří Kolář Le Grandi Monografie, Janus, Gruppo Editoriale Fabbri, 1981

Jiří Kolář, Galerie Maeght, Parigi, 1981

Jiří Kolář, PAC Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano, 1982

Sur le théâtre de marionnettes, Heinrich von Kleist, Ed. Traversiere, 1982

Jiří Kolář repères cahiers d’art contemporain, Galerie Maeght Lelong, Parigi, 1983

Hommage à Jiří Kolář Tagebuch 1968, Kunsthalle Nürnberg, Norimberga, 1984

Jiří Kolář: Diary 1968, Museum of Modern Art, Oxford, 1984

Jiří Kolář, Giancarlo Politi Editore, 1986

Jours de l’année Années des jours, Jiří Kolář, Repères Daniel Lelong éditeur, Parigi, 1986

Jiří Kolář, Jindrich Chalupecky, Revue K, 1987

Jiří Kolář Collages 1952-82, Albemarle Gallery, Londra, 1987

Jiří Kolář Poèmes du silence, Editions de la Différence, 1988

Jiří Kolář Question de Collage 1979 – 1989, Galerie Municipale Ville de Vitry-sur-Seine, 1989

Jiří Kolář, Galleria Tega, Milano, 1989

Jiří Kolář: Ode aan Van Gogh Hommage à Van Gogh, Stichting Van Gogh, Amsterdam, 1990

Jiří Kolář Detective Art 1986 – 1990, Albemarle Gallery, Londra, 1990

Jiří Kolář The End of Words, ICA Institute of Contemporary Arts, Londra, 1990

Jiří Kolář Mozart in viaggio verso Praga, Arte Centro, Milano, 1990

Jiří Kolář Omaggio a Van Gogh, Galleria Ariete, Lecco, 1990

Dictionnaire des Méthodes, Jiří Kolář, Editions Revue K, 1991

Jiří Kolář, Odeon, 1993

Jiří Kolář Tydeník 1968, Ed. TORST, Praga, 1993

Jiří Kolář Chiasmages les mots à la casse, Centre International de poésie, Marsiglia, 1993

Jiří Kolář nelle collezioni della provincia di Lecco, Musei Civici Villa Manzoni, Lecco, 1993

Jiří Kolář Dictionnaire des méthodes, Studio d’arte contemporanea Pino Casagrande, Roma, 1993

Jiří Kolář Dictionnaire des méthodes, Espace des Arts, Colomiers, 1993

Jiří Kolář Koláže Objekty, Národní Galerie, Praga, 1993

Jiří Kolář Zwischen Prag und Paris, Galerie Schüppenhauer, Colonia, 1994

Jiří Kolář ve sbírce Jana a Medy Mládkovych, České Muzeum Vytvarnych Umění, 1994

Bonjour, Monsieur Kolář, České Muzeum Vytvarnych Umění, 1994

Jiří Kolář un poeta, Studio d’arte Zanoletti, Milano, 1994

Siamiaca, Jiří Kolář, La Petite Pierre éd., Bruxelles, 1995

Jiří Kolář, Galleria aab, aab Edizioni, Brescia, 1996

Jiří Kolář Objetos y collages, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia, Madrid, 1996

Jiří Kolář Poetiche Bildwelt, Internationales Kulturzentrum Egon Schiele, Krumau, 1997

Jiří Kolář Ornitologie Moderního Umění, Protis – Camina, 1997

Jiří Kolář – Neue Collagen, Medienzentrum Passau, 1998

Jiří Kolář, Galleria Nazionale d’Arte Antica Palazzo Barberini, Roma, 1998

Jiří Kolář, Walter Guadagnini, Omega è vento di cultura, Reggio Emilia, 1999

Příběhy Jiřího Koláře, Josef Hlaváček, Vladimír Karfík, Jan Rous, Jiří Machalický, Praga, Gallery, 1999

Slovník metod, Jiří Kolář, Gallery, Praga, 1999

snad nic, snad nĕco, práce na papíře Jiřího Koláře z let 1962 – 1963, Trigon, 2000

The Stories of Jiří Kolář, Veletržní Palác, Praga e Pražák Palace, Brno, 2000

Jiří Kolář Sbírka Západočeské energetiky, a.s., Západočeská energetika, 2001

Jiří Kolář, Studio Gastaldelli, Milano, 2001

Jiří Kolář na fotografiích Emanuela Křenka, Opava, 2001

L’oeil éphémère, Oeuvres de Jiří Kolář, Musée des Beaux-Arts de Dijon, Digione, 2002

Jiří Kolář Cristalli di genio dal collage boemo, Tommaso Trini, Galleria Open Art, Prato, 2002

Jiří Kolář 1914 – 2002, Museo d’Arte Moderna di Gazoldo degli Ippoliti (MN), 2002

Jiří Kolář Hommage Furtif / Letmá Pocta, Galerie Štĕpánská 35, Praga, 2003

Jiří Kolář L’antro del mago, Elena Pontiggia, Castello di Lerici, Lerici, 2003

Jiří Kolář Velo d’amore, Maria Laura Gelmini, Galleria Melesi, Lecco, 2005

Jiří Kolář, Abe Kenichi (edizione in lingua giapponese), 2006

Jiří Kolář Un cuore a pezzi, Artecentro, Milano, 2008

Jiří Kolář Chiasmage, Galleria Melesi, Lecco, 2010

Galleria Melesi